Madri


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Da piccola avevo l’abitudine di guardare e riguardare gli stessi film innumerevoli volte, fino a conoscerli a memoria. Precoce conoscitrice delle funzioni play-stop- rew – fw del videoregistratore (roba che farebbe ridere i miei nipoti oggi),  sapevo perfettamente quali erano i punti che si potevano tranquillamente saltare, mandando avanti velocemente: in “Fantasia” il pezzo dei dinosauri – e quello finale con i diavoli -, in “Bambi” il pezzo in cui uccidono la madre, in “Dumbo” il sogno degli elefanti rosa, in “Biancaneve” la trasformazione della matrigna. Anche “Peter Pan” aveva il suo pezzo saltabile, quello con Wendy che canta e ricorda ai fratelli e ai bimbi sperduti cos’è la mamma, che cosa fa, e tutti alla fine vogliono tornare a casa. Un pezzo da carie ai denti.

A distanza di 25 anni forse dall’ultima volta che ho visto “Peter Pan” scopro che le parole di quella nenia sono quasi rivoluzionarie: Wendy canta con voce celestiale, parlando della mamma come “raggio di sole” e pezzo di cielo, e invita i bambini a cercare nel cuore per scoprire che la mamma è “tutto per me”. Ma soprattutto “La mamma è il nido del cuore”: una delle definizioni più belle in assoluto.

La mamma come nido, come posto a cui tornare, luogo caldo e accogliente, costruito intorno a te, che ti avvolge e ti culla, e ti rassicura. L’abbraccio della mamma non è così?

Mentre lo dico penso alla mia di mamma, che ancora oggi continua ad essere nido accogliente per noi figli,  e per tante altre persone. Penso alle mamme che conosco, ma mi vengono in mente le facce e l’abbraccio  di tante donne che con dolore non hanno potuto o hanno rinunciato a generare figli loro, ma che rappresentano comunque questo nido di accoglienza e calore verso mariti, parenti, amici, fratelli, sorelle, spesso anche verso persone sconosciute, che senza nemmeno chiederlo si lasciano scaldare e confortare anche solo da una parola o da un gesto pieno  di maternità.

Penso a tutte queste donne, e penso a Maria, Madre di Gesù, e mi sconvolge pensare che anche Dio ha avuto bisogno del suo nido del cuore, del suo abbraccio a cui tornare, in cui essere scaldato e confortato, in cui essere accolto. Una donna scelta per Lui, per rendere figlio Lui e tutti gli uomini, e conoscere la dolcezza dell’abbraccio e della cura. Un donna che avrà avuto paura, che avrà tremato di stupore, che sapeva conservare nel cuore tutto ciò che non capiva, e ha scelto di ripetere il suo sì, di madre e di donna, verso quel figlio così speciale.

Penso a Lei, e penso a me, che sarò madre tra poco, e sento questo figlio muoversi dentro di me, e vado avanti nell’attesa della sua nascita tra paure, timori, e il desiderio di isolare le tante voci che sento da fuori – consigli, esperienze, avvertimenti – per vivere in pienezza l’esperienza e il dono più grande che un essere umano possa conoscere, quella di dare al mondo un’altra persona. Quella di essere nido per un’altra vita.

E siccome sono alla vigilia di giorni decisivi, non posso non pensare alla notizia che ha tenuto banco nei giorni scorsi, cioè l’ennesima esperienza di utero in affitto: un politico italiano omosessuale che con il suo compagno annuncia dalla California la nascita di un bambino, figlio biologico del partner, nato dall’ovulo di una donna, e cresciuto nel grembo di un’altra. Un figlio per cui il politico avrebbe speso una cifra intorno ai 135 mila euro, come dicono i critici più ottusi, ma che sarebbe invece coronamento di una bellissima storia, atto di generosità, dono spontaneo…

E mentre infuria la polemica, che prosegue la discussione infarcita di ipocrisia su unioni civili, stepchild adoption, e modelli alternativi di famiglia, io penso alla donna che ha partorito il figlio del compagno di quel politico. Lei che è stata scelta magari tra tante altre per portare a buon fine la missione, che ha visto il suo corpo cambiare, ha sentito una vita crescere e muoversi dentro di lei per nove mesi, magari ogni tanto ci ha anche scambiato due parole, e ha immaginato che faccia potesse avere quel bambino; lei che magari l’ha accarezzato dalla pancia, una notte in cui era particolarmente agitato, o in una mattina di tranquillità, come un saluto, un buongiorno speciale, che solo la madre e il figlio nascosto nel suo grembo conoscono. E siccome le emozioni non si possono pagare e controllare, questa donna avrà pianto, in questi mesi, avrà riso, si sarà preoccupata, avrà vissuto le malinconie che assalgono tutti, condividendole però con quell’inquilino speciale, arrivato attraverso la tecnica, ma cresciuto come tutti i bambini, e infine nato dal dolore del travaglio e dal taglio del cordone ombelicale, come tutti i bambini.

La differenza però sta nel fatto che quel figlio e quella madre non si conosceranno, non cresceranno insieme. Dopo nove mesi trascorsi a stretto contatto, non si vedranno. Il figlio non riconoscerà l’odore del suo corpo e del suo seno, non riconoscerà il battito che l’ha cresciuto e cullato, non sentirà la stretta del suo abbraccio. La madre non lo allatterà, non sarà mai nido per lui, non vedrà crescere fuori di sé quella vita che ha conservato e custodito nel silenzio dei mesi. È stabilito così da contratto, le parti sono d’accordo, tutto – dal concepimento alla nascita- è stato già deciso da prima. Il nido artificiale – e costoso, a quanto pare – sarà quello costruito dai due uomini che riceveranno quel bambino, voluto, scelto e programmato nei minimi dettagli, e che lo cresceranno con quell’ amore che nasce dalla soddisfazione della conquista, e da un desiderio profondo finalmente realizzato.

Il bambino crescerà, i due padri lo educheranno ai principi più sani della vita( come l’onestà e la sincerità), ma resterà sempre sul fondo il peso di una bugia, cioè dire ad un figlio che è naturalissimo avere due papà, ed è normale che la mamma non ci sia, ” non esiste, è un concetto antropologico”.

“Chiedi al cuor che cos’è, e ti dirà tutto per me”, si canta in Peter Pan a proposito della mamma: magari tra qualche anno questa parte del film verrà rimossa, come l’obbligo di fedeltà nel matrimonio( e anche nelle unioni civili) troppo retaggio medioevale per la nostra società. Ma la domanda del cuore, su chi è la mamma, quella sarà difficile da cancellare, per tutti quei figli che la mamma non la possono conoscere, e ancora di più per quelli nati da utero in affitto, a cui questo diritto viene negato in partenza.

Perché, se vogliamo dirla tutta, anche i bambini sperduti di Peter Pan vivevano bene e si divertivano tanto da soli senza la mamma, ma bastava veramente poco per ricordargliela, e ravvivare il desiderio di mollare tutto e tornare da lei. Al sicuro, nel nido.

3 pensieri su “Madri

  1. Buongiorno,
    leggo solo oggi queste riflessioni su quello che sta capitando ai bambini. Come si fa a non capire che il bambino nato dall’utero in affitto (che brutta espressione) è un bambino destinato a subire (per la legge che lo consente) innumerevoli violenze: la prima è quella che dietro alla sua nascita c’è un progetto di mercificazione, la seconda è quella di credere che colei che lo porta in grembo sia sua madre, poi quella di venire strappato dal quel seno che credeva essere il suo, l’amore finto di una donna che non lo può amare come un figlio suo, il dolore per la ricerca di quell’amore materno che ha percepito e dal quale è stato stato separato,…
    potrei continuare, ma tutte le volte che conoscerà una famiglia normale, sarà destinato a soffrire, e per quanti perché si porrà, non riuscirà a concludere altro che il progetto che sta alla base della sua esistenza è aberrante e contro natura.
    Cordialmente, lucia

  2. Un bel pezzo. Mi hai commosso veramente. Anche se io un mamma ancora ce l’ho. Ha l’alzhemeir non si ricorda nemmeno più il mio nome, ma quando mi vede gli si accendono ancora gli occhi…. Quando poi l’abbraccio e la stringo forte, Lei con una mano tremante mi accarezza il viso e allora, come nel finale di un altro bellissimo film disney, Ratatouille, in cui il cinico critico assaggiando il piatto francese, torna con la mente indietro nel tempo, a quando la mamma gli preparava lo stesso piatto, e allora improvvisamente il tempo non c’è più, sei di nuovo lì, un bambino accanto a sua madre.

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