Di croci e crocette

Mission_Rodrigo_MendozaCerto che è strana la festa dell’Esaltazione della Santa Croce, che è appena passata. Ci pensavo ieri, in macchina, in un lunedì uggioso di metà settembre, quando le vacanze sono un ricordo lontano, e il traffico, gli orari serrati del lavoro, l’organizzazione mentale di tempi e spazi è la traccia della quotidianità. Pensavo che è strano esaltare qualcosa che fa paura a tutti, che ricorda la fragilità e la debolezza, che ci parla di morte, senza tanti complimenti.

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25 anni

ginestra

Forse non ho scelto il momento migliore per ricominciare a scrivere dopo tanto tempo. Forse avrei dovuto aspettare ancora, trovare l’occasione giusta, l’orario più consono, il silenzio, la luce giusta. Cogliere quell’attimo che mi scappa da mesi, insieme a fiumi di parole che dalla mia testa non sono mai uscite, post fantastici e commuoventi rimasti solo nel pensiero. Avrei potuto evitare di cominciare a scrivere al lavoro, con le cuffie sulle orecchie per cercare un minimo di concentrazione.

Ma non mi andava più di aspettare.

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La fame e la sete

la fame e la sete

“Antonio è immobile, accovacciato, con le gambe ritratte al petto; la bocca aperta, gli occhi sbarrati. Chiuso in un nodo indissolubile. Il suo respiro è bloccato, come trattenuto dalle mani che si incrociano sul petto, stringendo avidamente i lembi della pesante tunica nera che lo avvolge. […]

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Pane al pane

questa non è una pipa

Sto cercando le parole per parlare dell’ipocrisia, e non so bene da dove partire. Iniziamo dalla base, dal dizionario, dove l’ipocrisia viene definita come “la capacità di simulare sentimenti e intenzioni lodevoli, o moralmente buone, alla scopo di ingannare qualcuno per ottenerne la simpatia o i favori”, e ha come sinonimi la doppiezza e la falsità. Non male come accoppiata.

Facciamo ora un passo indietro: perché scrivere di ipocrisia? Perché è la parola che ricorre di più, che serpeggia più spesso, anche se nessuno lo dice; perché recentemente ne ha parlato il papa, definendola il linguaggio dei corrotti; perché a pensarci bene, rischia di essere il denominatore comune delle nostre relazioni quotidiane.

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Se ci fosse Don Camillo

don camilloSì, lo ammetto: c’è stato un periodo della mia vita in cui ho partecipato al concertone del 1 maggio a San Giovanni.  Un paio di volte, con qualche amico sparuto, scarpe da ginnastica e pantaloni comodi, mi sono messa anch’io in mezzo ai ragazzi che si vedono in piazza…..cioè non proprio in mezzo, diciamo ai lati, perché i posti dove c’è tanta gente mi fanno paura, mi viene la claustrofobia e devo avere una via di uscita sempre a portata di mano; e sempre un po’ lontana, perché non essendo dotata di un’altezza invidiabile, in qualsiasi punto mi metto in questi casi comunque non vedo nulla. Certo non ci andavo dall’inizio, ma nel tardo pomeriggio e  con molta calma, e  di certo non restavo fino alla fine, perché comunque non vedevo niente, non sentivo niente, la gente addosso mi dava un po’ fastidio, e quindi era facile dopo un po’ prendere la decisione di tornare a casa.

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La sindrome di Belen

belen

Sì, l’ho notato. In questo periodo così complicato, accanto alle notizie sugli accordi e disaccordi alla ricerca del governo che non si trova, o del presidente della Repubblica che non si vota, sui (quasi) tutti i giornali troneggia una notizia: la nascita del figlio di Belen Rodriguez. Gli ultimi aggiornamenti ci dicono che è uscito dalla clinica, e che sua mamma è già tornata in palestra per riprendersi dopo il parto (ed è  il sito del Corriere della Sera a raccontarcelo!).

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E se invece….


cappella-sistina-creazione-di-adamo

Ah, bene, sei tornata. Si può sapere che fine hai fatto?  – Hai ragione, blog, scusami, ho avuto da fare…. – Scusami un corno! Che si lascia il blog così? Ero in pena da morire!! Cosa hai fatto in tutto questo tempo? – Eh, niente, ho ascoltato, ho parlato, ho visto gente, ho letto, ho guardato al realtà intorno a me, per maturare un po’ di contenuti….- Almeno mi hai portato un po’ di cioccolata? – In realtà no.  – Lo sapevo.

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E’ vero, in questi giorni prolungati di assenza, mi sono guardata molto intorno, e mi sono riempita le orecchie di alcune parole particolarmente ricorrenti di questo periodo, legate ai fatti di cronaca delle ultime settimane: vita, morte, vittoria, risurrezione, umiltà, esperienza, viaggio, tributo, ricordo, dolore, rabbia, vergogna, noia, immortalità. E ho avuto l’ennesima conferma che in questa fase di crisi e di smarrimento generale, le nostre cronache ruotano intorno a storie di disperazione e morte.

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Il giorno in cui saremo felici

Gene Kelly

Lo sapevate? Il 20 marzo è stata la Giornata Internazionale della felicità. Un giorno speciale, promosso dalle Nazioni Unite sulla base di studi precisi: hanno infatti constatato che un paese con un alto numero di persone felici è un paese più produttivo. L’esempio sarebbe il Bhutan, piccolo Stato che ha sostituito il Pil con un indicatore della Felicità interna lorda (Fil). Quindi in pratica, se non ho capito male, più i cittadini sono felici, più le finanze dello stato in cui vivono migliorano.

E’ per questo quindi che è stata inaugurata questa nuova ricorrenza, che ricorda a tutti l’importanza della felicità per la vita delle persone. Anche perchè, dopo aver superato le profezie dei Maya sulla fine del mondo pochi mesi fa e di fronte alla crisi che abbrutisce tutti, è meglio forse cercare motivi validi per essere felici, almeno per un giorno.

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